venerdì 13 maggio 2016

PECORA PERDUTA E RITROVATA

Lectio divina su Lc 15,1-7

Invocare
Vieni, o Spirito Santo, vieni come turbine e spazza via dalla Chiesa le scorie del male. Vieni come fuoco e infiamma i cuori dei cristiani tiepidi e distratti e rendili ardenti nel bene come gli apostoli. Vieni, come luce per i ciechi, sostegno per i deboli, fonte viva per gli aridi, guida per gli erranti.
Vieni, vieni. Ascolta le nostre preghiere, opera nuovamente le meraviglie della Pentecoste e nascerà una umanità rinnovata. Amen.

Leggere 
1 Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2 I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3 Ed egli disse loro questa parabola: 4 «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5 Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6 va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta». 7 Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

Silenzio meditativo: Il Signore si è sempre ricordato della sua alleanza.

Capire
Siamo nel contesto del viaggio verso Gerusalemme e quindi Luca ha inserito tre parabole come una catechesi fondamentale per mostrare l'insegnamento di Gesù sulla misericordia e l'accoglienza dei peccatori.
Il vangelo che meditiamo riporta la prima delle tre parabole che hanno in comune la stessa parola. Si tratta di tre cose perdute: la pecora perduta (Lc 15,3-7), la moneta perduta (Lc 15,8-10), il figlio perduto (Lc 15.11-32). Le tre parabole sono dirette ai farisei ed ai dottori della legge che criticavano Gesù (Lc 15,1-3). Oggi, sono dirette al fariseo e al dottore della legge che c’è in ognuno di noi.

Meditare
vv. 1-2: Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo
Due atteggiamenti balzano subito alla nostra attenzione, due modalità di porsi davanti a Gesù. I pubblicani e i peccatori "ascoltano" la parola di Gesù, manifestando così un desiderio di salvezza. I farisei e gli scribi, invece, mormorano, svelando ostinazione e rifiuto. Nei versetti, viene sottolineata la totalità; nessuno degli esclusi è escluso; «per ascoltarlo» tutti i peccatori sono ammessi come uditori della gloria di Dio. L’ascolto nel vangelo di Luca è l’atteggiamento del credente. 
Luca colloca questa parabola in un contesto ben preciso: la critica di scribi e farisei all'atteggiamento che Gesù assume nei confronti di pubblicani e peccatori. Gli scribi e i farisei non riescono ad accettare il comportamento di Gesù che mangia e beve con i peccatori, con peccatori pubblici, che non solo hanno fatto qualche peccato, ma sono in una condizione permanente di peccato. La condivisione del pasto esprime una comunione, e siccome Gesù è un maestro e non appartiene alla razza dei peccatori, questa commistione di sacro e di profano, di giusto e di peccatore crea problema agli scribi e ai farisei.
Farisei e scribi mormoravano. 
Nella Bibbia questo verbo è il verbo della contestazione di Dio e del rifiuto del suo modo di dare salvezza. Ricordiamo nell'esodo: “Perché ci hai fatto uscire dall’Egitto?” (Es 17,3); questo è il verbo che percorre i libri biblici che parlano di Israele nel deserto e della ribellione a Dio e ai suoi doni. È il verbo con cui l’uomo pretende di suggerire a Dio come dovrebbe comportarsi con l’uomo e come dovrebbe dargli la salvezza o il castigo.
Per costoro, farisei e scribi, i pubblicani e i peccatori sono persone ormai «perdute»: su di loro incombe il giudizio di Dio, e l’accoglienza calorosa che essi ricevono da Gesù è inspiegabile e contro ogni logica. 
v. 3: Ed egli disse loro questa parabola
L'evangelista introduce dicendo: "questa parabola", ma poi ne seguono tre. Non abbiamo altre introduzioni. Forse Luca si è sbagliato nell'usare il singolare? Possiamo dedurre che l'Evangelista abbia voluto lasciare una indicazione, perché, sì tre parabole, ma un unico messaggio, unica parabola.
v. 4: Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una
La scena della parabola è pastorale, ma contiene una chiave di volta: la vita dell'uomo. Gesù fa un gioco di proporzioni, di numeri per esprimere il fascino della persona, la domanda di senso profondo che ha in se. In questo contesto l'ama proprio nel momento in cui lo smarrimento rischia di gettare nel nulla la sua esistenza.
Non basta una vita per capire la grandezza dell’uomo davanti a Dio. 
Qui gioca il cuore del pastore che pone il suo sguardo sulla pecora mancante, la sua assenza per lui è un dolore irreparabile.
lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova
Tutto l’Antico Testamento è permeato da questo camminare di Dio alla ricerca dell’uomo. Un camminare che ha un nome: la misericordia.
Al pastore non gli basta la presenza delle novantanove; decide perdersi lui anziché perderne una. Questa sua scelta è accompagnata da due verbi: “lascia” e “va dietro” due decisioni apparentemente contrastanti, ma fortemente legate nella luce dell’amore. E' il folle amore di Dio. Le novantanove pecore, in fondo, sono i giusti, esortati a riconoscersi nella pecora smarrita. Infatti vagano ancora nel deserto. Quelle pecore, che non si ritengono perdute, staranno nel deserto fino a quando scopriranno il loro male: la mancanza di misericordia. Allora incontreranno il medico che non è venuto per i sani ma per i malati. 
vv. 5-6: Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle 
Era usanza del pastore, che alla pecora smarrita spezzasse la gamba, perché imparasse a non smarrirsi. Questo pastore invece non rompe la gamba, ma se la carica sulle spalle.
L'amore trionfa nel ritrovare l’uomo e rivela il volto di Dio contemplato nel volto di Gesù, un Dio che di sua iniziativa, mosso da null'altro che da un folle amore, esce in Gesù dalla sua distanza per dire ai distanti da lui che egli è semplicemente innamorato di loro, e che la loro vicinanza lo rende felice.
va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta».
Luca è l’evangelista della gioia ed invita a gioire. Quest'invito stupisce e stupisce ancor più perché rivolto non da chi è tornato alla vita, ma da Colui che nel ritrovare ci rivela le ragioni di questa vita. 
Giunge a casa solo l’unica pecora perduta e ritrovata. Le altre novantanove restano fuori, come il fratello maggiore nella parabola del figlio prodigo.
Gli amici, i vicini sono i giusti, i primi chiamati al banchetto, che hanno rifiutato. Sono i farisei e gli scribi che si distanziano da chi è proteso ad accogliere tutti i peccatori. Ai primi invitati, che nella loro sufficienza, si sono autoesclusi, il Signore dice: “apri la tua bocca, la voglio riempire” (Sal 81,11).
v. 7: Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Il versetto fa il passaggio da perduta a convertita. In realtà la pecora non si è convertita, è stata semplicemente ritrovata, proprio perché perduta, ritrovata da colui che ha avuto amore per esse.
I novantanove giusti sono coloro che stanno ancora fuggendo da Dio come fede Adamo. Chiusi nel proprio io e gonfi di morte sono fuori dall’Eden.
Il perdono è una festa. Il ciclo è sempre in attesa. Non sarebbe un’avventura la nostra esistenza cristiana 
senza questi sentieri di luce.

La Parola illumina la vita
Quale è la mia situazione davanti a Dio? Mi sento un giusto o un peccatore?
Personalmente, andrei dietro la pecora perduta?
Studio i mezzi e invento ogni possibilità per riconquistare il dono dell’amicizia?
Rendo visibile lo stile di Dio come Gesù ha manifestato e attuato?

Pregare
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto.
Ricordate le meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca.

Voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
È lui il Signore, nostro Dio:
su tutta la terra i suoi giudizi.

Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell'alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco. (Sal 104)