sabato 2 gennaio 2016

LECTIO: LA FESTA DI NOZZE

Matteo 22,1-14

Invocare
Dammi dunque, Signore, la caparra della futura eredità, una goccia almeno di pioggia celeste Dammi una goccia almeno per rinfrescare la mia sete, perché ardo d’amore. che non ti lasci vedere se non dai cuori puri, io cerco di capire, leggendo e meditando, cosa sia e come possa conseguirsi la vera purezza del cuore, per diventare capace, grazie ad essa, di conoscerti almeno un poco. Ho cercato il tuo volto, Signore, il tuo volto Signore, ho cercato; a lungo ho meditato nel mio cuore, e dal mio meditare è scaturito un fuoco, e il desiderio di conoscerti sempre più a fondo. Quando spezzi per me il pane della Scrittura, nello spezzare il pane ti fai riconoscere, e quanto più ti conosco, tanto più desidero conoscerti, non più soltanto nella scorza della lettera, ma nella percezione sensibile dell’esperienza. Non chiedo questo, Signore, per i miei meriti, ma per la tua misericordia. Riconosco infatti di essere un indegno peccatore, ma «anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla mensa dei loro padroni» (Guigo II).

Leggere
1Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: "Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!". 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze". 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. 12Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?". Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Capire
Continuiamo ad ascoltare un’altra parabola (Mt 22,1-14). Essa si pone come “risposta” ai versetti che la precedono e come “ripresa” del tema della parabola dei vignaioli omicidi: “ Rispondendo/Riprendendo Gesù disse di nuovo in parabole...” (Mt 22,1). La “risposta” è verso quelle persone religiose che hanno un compito di responsabilità nel popolo di Dio e verso quei cristiani molto impegnati (rispettivamente, sommi sacerdoti e farisei di tutti i tempi e di tutti i luoghi) che cercano — una ricerca intensa e studiata — di catturare Gesù, di impossessarsi di lui (Mt 21,45). La “ripresa” del tema riguarda il morire come spogliamento esistenziale di sé (Mt 21,41-44) per essere rivestiti di una nuova umanità, il morire come abbandono di ogni potere e ricchezza per ricevere il dono quella povertà esistenziale che ci arricchisce, perché ci forma come figli dell’unico Padre e come fratelli in Cristo Gesù di tutta l’umanità, in particolare dei poveri.
Nella parabola precedente, la parabola della vigna, Gesù fa un riassunto della storia della salvezza. Dio circondava Israele con attenzione particolare e aspettava che tanta cura avrebbe prodotto frutto in una vita di fedeltà e giustizia. Di tempo in tempo inviava i profeti per ricordare al popolo il frutto che Dio attendeva, ma la loro missione incontrava sempre il rifiuto da parte di Israele. Finalmente Dio inviò il proprio Figlio, ma questi fu ucciso. A questo punto Gesù dichiara che siccome Israele continuava a rifiutare il Regno, questo passerà ad un altro popolo, cioè ai pagani (Mt 21,43). Questa frase ci offre la chiave di lettura per la nostra parabola che in realtà ripete il messaggio della precedente con un’altra immagine e altre sfumature.
Con la parabola del “regno dei cieli simile a…” l’evangelista Matteo ci proietta nell’orizzonte della chiamata alle Nozze del Figlio, che il Padre rivolge a tutti. Queste “nozze”, per la fede biblica evocano esplicitamente l’Alleanza, ovvero quel legame di comunione e di amicizia, di relazione di amore nuziale gratuito e incondizionato di Dio con l’umanità, legame di relazione d’amore nuziale che il Padre ha rinnovato attraverso il dono e la consegna del Figlio (cfr. Mt 26,27-28; Ef 5,25-32).
La chiamata alla relazione d’Alleanza nuziale, però, attende la nostra risposta libera e cosciente a diventare la sposa del Signore, affinché si attui quel rapporto di reciprocità tra noi e Dio: voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio, voi sarete la mia sposa e io sarò il vostro Sposo (cfr. Lv 26,11-12; Ct 6,3).

Dinanzi a questa Parola che irrompe nella strada della mia vita, rileggo il brano aiutato da alcuni brani biblici per la meditazione
Lc 14,15-24; Mt 9,15-17; Dt 7,7-16; Ez 16; Is 25,6-8; 54,4-10; 55,1-6; 61,10; 62,1-5; Ap 19,7-8

Meditare
Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio”. In questo versetto ritorna per me una parabola, una similitudine per descrivere meglio l'alleanza con Dio e il suo popolo: il tipo di rapporto che ci sta tra me e Dio.
Osservo che il termine nozze è riportato più volte (il termine greco gàmos, lo ritroviamo nei vv. 2.9.10.11.12) quasi ad accompagnare tutta la scena  e richiama a quanto san Giovanni riporta nel libro dell’Apocalisse: “Ecco, sono giunte le nozze dell’Agnello” (Ap 19,7). Le nozze dell’Agnello rappresentano la volontaria immolazione di Gesù, con la quale Egli ha inaugurato il suo Regno.
Con quest'invito, il Padre mi chiede di essere partecipi alla condizione del Figlio, ci chiede di essere partecipi della nuzialità del Figlio, che si manifesta attraverso il dono della sua vita sulla croce per tutta l’umanità.

Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze”. Di solito per le nozze siamo abituati ad ascoltare il verbo “invitare”. Qui invece abbiamo il verbo “chiamare”. È l’insistenza di Dio Padre che interpella allo scopo di farci venire più vicino a sé, sia fisicamente che nel senso di un rapporto personale. Il tempo utilizzato, inoltre, indica un’azione completa nel passato, ma che dura nei suoi effetti fino al presente e tende al futuro. Cioè, l’Alleanza che Dio ha stipulato con Israele è irrevocabile, rimane inviolata nonostante il rifiuto.
Gli invitati rifiutano. Nel rifiuto degli invitati ci sta il nostro rifiuto, il rifiuto di noi, chiamati da Dio, e che con Lui abbiamo stretto Alleanza. Noi siamo coloro ai quali aveva dato un nome, ci aveva riconosciuto una identità, quella di popolo di Dio e non abbiamo accolto l’invito. Come gli invitati non ci accorgiamo della presenza di Dio, della celebrazione delle nozze dell'Agnello. Abbiamo altro cui pensare: siamo dilaniati da altri interessi. Non siamo disponibili a mutare il centro dei nostri interessi. Per capire, san Paolo ci dice che grazie a questo rifiuto si apre una porta di speranza: “Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione, se non una risurrezione dai morti?” (Rm 11,15) e continua: “Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella misericordia, per usare a tutti misericordia” (Rm 11,30-32).

“andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Il rifiuto fa cambiare la tipologia degli invitati descrivendo un nuovo modo di seguire Cristo, di essere cristiani. Gli invitati sono quelli degli incroci, sono coloro che stanno nei luoghi dell’esodo, nei luoghi del passaggio, nei luoghi della Pasqua, nei luoghi della croce. A questi viene rivolto l'invito.
Con l’imperativo del verbo chiamare si vuole dare inizio a qualcosa di nuovo, ad una nuova realtà, ad una nuova umanità che crede e confessa Gesù come il Cristo morto e risorto: il nuovo popolo di Dio, costituito sia dal resto di Israele che dai ‘convocati dalle genti’, i pagani, che Gesù stesso chiama “la mia chiesa”. 

“la sala delle nozze si riempì di commensali”. In questa nuova realtà entrano tutti: buoni e cattivi. Sono invitati tutti e tutti possono entrare. Ma ci sta un particolare che non deve sfuggire: nel momento in cui entri bisogna che ti lasci trasformare dalla logica del banchetto di nozze. Quando però il Signore ci chiama vuole anche che noi gli rispondiamo cambiando vita. Il Signore chiama tutti, ma chi è chiamato deve rispondere al Signore con la propria vita. Non basta aver accettato l’invito; bisogna anche trasformare la propria esistenza in funzione di quest’invito. Non basta essere cristiani avendo accolto l’annuncio della fede; bisogna anche lasciare che quest’annuncio cambi la vita dell’uomo e la conformi alla volontà di Dio.

“Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. È un offesa a chi ti ha invitato di andare alla festa con l’abito ordinario da lavoro. È un segno che non tieni nella dovuta considerazione l’occasione a cui sei invitato. Questa immagine, utilizzata nella parabola del banchetto del Regno, vuol significare che non si entra nel Regno senza essersi preparati; l’unico modo per prepararsi ad esso è la conversione. Infatti, cambiare vestito nel linguaggio biblico indica cambiare stile di vita ovvero convertirsi (cfr. Rm 13,14; Gal 3,27; Ef 4,20-24). La conversione è il presentarsi a Dio con un cuore adatto a ricevere i suoi doni. San Paolo ce lo fa capire con queste parole: “..Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste: a condizione però di essere trovati già vestiti, non nudi” (2Cor 5,2) .Quell'abito, che non sappiamo dove procurarcelo, è l'abito del Battesimo. Un abito che dovevamo custodire per tutta la vita. È quell’abito che riveste l’uomo nuovo, anzi, che è l’uomo nuovo; infatti non lo riveste come una sopravveste, ma, sconfitto l’uomo vecchio, carnale, lo sostituisce. Continua S. Paolo: “..Sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati, ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita”. Non una sopravveste, dunque, ma un abito nuovo che è Cristo stesso. Questa, dice un grande maestro spirituale bizantino: “aderisce a coloro che la indossano molto più della pelle e delle ossa. Le nostre membra non solo sono membra di Cristo, ma sono ricoperte del salvatore tutto intero” (Nicholas Cabasilas).

Molti i chiamati, pochi gli eletti”. L’espressione è un semitismo. Nell’assenza del comparativo, l’ebraico biblico usa espressioni fondate su drastiche opposizioni. Per cui quest'espressione non dice niente sulla relazione numerica tra i convocati nella Chiesa e gli eletti per la vita eterna. Però è anche vero che la parabola distingue tra la chiamata alla salvezza e l’elezione e perseveranza finale. La generosità del re è immensa, ma bisogna prendere sul serio le esigenze del Regno. L’espressione è un pressante appello a non accontentarsi di una appartenenza formale al popolo di Dio. Non si può dare per scontato la salvezza. In questo Gesù segue da vicino l’insegnamento dei profeti. Basti ricordare Ger 7, 1-15 e Os 6,1-6.

Vivere
Rileggo con  attenzione, ripercorrendo la mia vita, la mia storia e vedo chi rappresentano gli invitati che rifiutano l'invito; chi rappresentano i nuovi invitati trovati per strada; chi rappresenta l'uomo senza abito nuziale.
Inoltre, guardo cosa impedisce alla mia vita di accettare l'invito di Dio e se anche io ho l'abito nuziale per partecipare al banchetto del Regno di Dio.
La parola di Dio non la si può comprendere se Dio stesso non apre il cuore (At 16,14). Mi sforzo di piacere in tutto al Signore (cfr. 2Cor 5,9), e indosso l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo e tenergli fronte nel giorno della lotta (cfr. Ef 6,11-13).

Pregare
Mettiti in silenzio e accogli le parole di Gesù nel tuo cuore e prega con il Salmo 47

Applaudite, popoli tutti,
acclamate Dio con voci di gioia;
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
re grande su tutta la terra.

Egli ci ha assoggettati i popoli,
ha messo le nazioni sotto i nostri piedi.
La nostra eredità ha scelto per noi,
vanto di Giacobbe suo prediletto.

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni;
perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.

Dio regna sui popoli,
Dio siede sul suo trono santo.
I capi dei popoli si sono raccolti
con il popolo del Dio di Abramo,
perché di Dio sono i potenti della terra:
egli è l’Altissimo.