venerdì 3 gennaio 2014

LECTIO: GRANELLO DI SENAPE E IL LIEVITO

Matteo 13,31-33


Invocare
Spirito di verità, inviatoci da Gesù per guidarci alla verità tutta intera, apri il mio cuore e la mia mente ad accogliere con docilità la tua Parola perché cresca in me. Sull'esempio della Vergine Maria  che l’hai resa terra buona dove il Verbo di Dio ha potuto germinare, purifica il mio cuore da tutto ciò che pone resistenza alla Parola e così cominci a imitarti fino a far rassomigliare i miei pensieri ai tuoi, le mie parole alle tue, le mie azioni alla tua vita. Spirito Santo plasma il mio cuore perchè sia capace ad ascoltare con cuore buono e perfetto la Parola che Dio mi rivolge nella vita e nella Scrittura, per custodirla e produrre frutto con tutta umiltà. 

Leggere
31 Espose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. 32 Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell'orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
33 Disse loro un'altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Capire 
Ci ritroviamo nel cuore del cap. 13 di Matteo nel quale egli ha raccolto le parabole del Regno dei cieli. Qui trovo e leggo che il Regno di Dio è paragonato al “chicco di senape” e al “lievito”. E mi fermo ad osservare il contrasto tra piccolo e grande che la Parola mi presenta. 
Questo breve brano lo troviamo negli altri due vangeli sinottici (Lc 13,18-20; Mc 4,30-32) con delle sottolineature didattiche: Matteo e Luca presentano la semina come un avvenimento. Marco invece la presenta come un fatto abitudinario: il granello di senapa viene seminato e ne cresce un alto arbusto. 
Il granello di senapa è comunissimo nella Palestina ed in particolar modo vicino al lago di Galilea. È conosciuto per la sua singolare piccolezza. In Lc 17,6 Gesù utilizza tale immagine per esprimere la speranza che ha nei discepoli di avere un minimo di fede: «Se aveste fede quanto un granello di senape…».
Il lievito viene inserito in tre moggi di farina. Nella cultura ebraica il lievito era considerato un fattore di corruzione tanto che veniva eliminato dalle proprie case. Per non contaminare la festa di Pasqua che iniziava proprio con la settimana degli azzimi. Agli orecchi dei Giudei l’utilizzo di questo elemento negativo, per descrivere il Regno di Dio, risultava un motivo di turbamento. Ma il lettore ne scopre la forza convincente: è sufficiente mettere una piccola quantità di lievito in tre misure di farina per avere una grossa quantità di pasta. Gesù annuncia che questo lievito, nascosto o fatto sparire in tre misure di farina, dopo un certo tempo fa lievitare il tutto.
Queste due parabole sono un invito all’ottimismo derivante dalla certezza che nello Spirito e nella parola di Cristo, benché insignificanti agli occhi del mondo, è presente la forza irresistibile di Dio. È un invito ad uno sguardo di fede. 

Dinanzi a questa Parola elemento di crescita, rileggo il brano aiutato da alcuni brani biblici per la meditazione
Lc 13,18-20; Mc 4,30-32; Dn 4,9-24, Ez 17,23; 31,6; 1Cor 3,7.9; 12,7; Sal 78,1-4.

Meditare
Espose loro un'altra parabola. Gesù propone alla mia vita ancora una parabola. Sembra quasi che insista visto il ripetersi delle parabole. Il Regno di Dio non è un concetto, una dottrina, ma un atteggiamento di accettazione e di ascolto, del «già» realizzato e del «non ancora», perché esso è completamente azione di Dio e dice che il regno dei cieli è simile a un granello di senape.  In queste parole abbiamo una interpretazione comune della parabola del granello di senape, dove si mette l’accento sulla sproporzione tra il seme iniziale e l’albero che il seme riesce a produrre. Ma la meditazione del brano ci fa scavare la corteccia di queste parole per dare ancora un'ulteriore significato. 
Secondo la concezione degli antichi, un seme deposto sotto terra muore. Giovanni ci dice: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, resta solo; ma se muore produce molto frutto” (Gv 12,24). Matteo resta nella stessa linea quando afferma: “Chi vuol salvare la sua vita, la perderà; ma chi perde la sua vita per causa mia, la troverà” (Mt 10,39 e 16,25). Perdere la propria vita vuol dire dare la propria “anima”, vuol dire adempiere il comandamento di “amare il Signore nostro Dio con tutta la nostra anima”, “perfino se egli ti chiedesse il dono della vita”. 
Nel dono di sé, noi, discepoli della Parola, dobbiamo guardare al contrasto tra l’oggi e il futuro, ma  anche capire che il futuro dipende proprio dalla piccolezza dell’oggi. 
Certamente non si comprende l’oggi se non si guardiamo al futuro, come non si comprende la qualità del seme se non conosciamo l’albero. Tuttavia, non è l’albero che dà la forza al seme, ma viceversa. L’albero fa semplicemente capire la forza che il seme già possiede in se stesso.
Questa parabola del granello di senape ci rivela quindi che il regno dei cieli è una potenza divina prodigiosa, dagli esiti imprevedibilmente grandi, e viene messo in atto da un piccolo gesto sovente nascosto, il più delle volte ignorato: il dono della propria vita.

Esso è il più piccolo di tutti i semi. Sì, è veramente piccolo questo seme l'ho potuto osservare e sembra quasi una acrobazia riuscire ad afferrarne uno. E in questa piccolezza sta la forza dinamica perché si possa crescere. In ciascuno di noi c'è quell'energia di questo piccolo seme che lasciandolo deposto in terra ingigantisce, ci fa crescere come cresce e ramifica un albero. È il mistero della fede che non cresce per accumulo di idee, ma come il granello di senapa va conservata, seminata povera e quindi capace di far sgorgare frutti abbondanti.
Nel significato dell’albero che accoglie gli uccelli del cielo ci viene rivelato da Ez 17,23; 31,6; Dn 4,9.18: è il regno di Dio che assume proporzioni universali e che accoglie tutti gli uomini del mondo, soprattutto i pagani, simboleggiati dagli uccelli. Come questo seme anche il Regno di Dio ha la sua storia: il Regno di Dio è il seme gettato nel giardino, luogo che nel Nuovo Testamento è il luogo dell’agonia e della sepoltura di Gesù (Gv 18,1.26; 19,41); segue il momento della crescita e che si conclude col diventare un albero aperto a tutti.

Il Regno di Dio è simile al lievito. Anche questa parabola è centrata sul dono della vita. Nel mondo giudaico il lievito è simbolo di superbia e alterigia; indica corruzione (1Cor 5,6-8: “Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, perché siate azzimi”, cfr. Gal  5,6) o ipocrisia (Lc 12,1: “Guardatevi dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia”). In questa parabola tuttavia ha un senso positivo e descrive la presenza del Regno. Tre staia di farina corrispondono a 60/70 Kg e il pane ricavato da tale quantità fornirebbe un pasto a
più di cento persone. Vi è una sola donna, nella Bibbia, che abbia impastato tre staia di farina, cioè Sara, moglie di Abramo, che secondo Gen 18,6 accoglie con tale banchetto i tre ospiti che le annunziavano la nascita di Isacco, il figlio della promessa. 
L’attenzione è sull’azione nascosta del lievito che fa fermentare tutta la pasta: per ottenere questo risultato, è sufficiente un po’ di lievito. Tuttavia ciò che qui è messo in rilievo non è la sproporzione tra la quantità di lievito e la pasta, ma sul fatto che il lievito deve essere nascosto, sepolto nella farina per sviluppare la sua azione fermentatrice.
Il lievito viene nascosto nella farina del nostro cuore, un cuore soffice e malleabile, un cuore capace di accogliere la Parola e trarre il suo vantaggio.
Il lievito, la Parola, deve essere riposto nel nostro cuore: “Ho conservato la tua parola nel mio cuore, per non peccare contro di te” (Sal 119,11), come Maria conservava nel proprio cuore i detti di Cristo: “…E sua madre serbava tutte queste parole nel suo cuore” (Lc 2,51). Questo deve avvenire non tanto per tenere nascosto il lievito, poiché esso si manifesterà, quanto piuttosto per evitare che venga rubato: “…il maligno viene e porta via ciò che era stato seminato nel suo cuore…” (Mt 13,19).
Quando la donna nasconde il lievito nella farina opera al fine di farla crescere e prendere sapore, allo stesso modo dobbiamo serbare la Parola nei nostri cuori affinché siano santificati: “Santificali nella tua verità, la tua parola è verità” (Gv 17,17). Il lievito nascosto nella pasta lavora e fermenta: “…la Parola è vivente ed efficace…” (Eb 4,12). Lavora senza rumore, perché questo è il modo d’operare dello Spirito.

Vivere
Ripenso a queste due brevi parabole come formazione della vita nell'anima e nella susseguente santificazione per mezzo dello Spirito Santo, il quale, similmente al lievito, va operando in modo continuo e progressivo in me. Mi soffermo ancora e scorgo soltanto il vero e puro amore a Dio nella sapienza del cuore. Mi sento chiamato a vivere di questa sapienza del cuore che si fa dono d'amore per il prossimo: dono che mi viene da Dio stesso. È una scintilla d'amore che il Signore ha seminato e nascosto nel mio cuore, scintilla da vivere e donare ogni giorno. È un continuo lasciarmi ardere d'amore, per essere Parola vivente dell'Amore stesso. È la crescita dell'Amore. È la crescita di Cristo in me e sentire ancora una volta “seguimi!”.
Mi faccio plasmare da questo piccolo seme e da questo lievito per entrare nella logica del dono rispondendo all’Amore con l’amore.

Pregare
Mi fermo, mi adagio abbandonandomi e accolgo il seme della Parola nella farina del mio cuore e lodo il Signore (Salmo 145):  

O Dio, mio re, voglio esaltarti 
e benedire il tuo nome 
in eterno e per sempre. 
Ti voglio benedire ogni giorno, 
lodare il tuo nome in eterno e per sempre. 

Grande è il Signore e degno di ogni lode, 
la sua grandezza non si può misurare. 
Una generazione narra all’altra le tue opere, 
annunzia le tue meraviglie. 

Proclamano lo splendore della tua gloria 
e raccontano i tuoi prodigi. 
Dicono la stupenda tua potenza 
e parlano della tua grandezza. 
Diffondono il ricordo della tua bontà immensa, 
acclamano la tua giustizia. 
Paziente e misericordioso è il Signore, 
lento all’ira e ricco di grazia. 
Buono è il Signore verso tutti, 
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. 

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere 
e ti benedicano i tuoi fedeli. 
Dicano la gloria del tuo regno 
e parlino della tua potenza, 
per manifestare agli uomini i tuoi prodigi 
e la splendida gloria del tuo regno. 

Il tuo regno è regno di tutti i secoli, 
il tuo dominio si estende ad ogni generazione. 

Il Signore sostiene quelli che vacillano 
e rialza chiunque è caduto. 
Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa 
e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. 

Tu apri la tua mano 
e sazi la fame di ogni vivente. 

Giusto è il Signore in tutte le sue vie, 
santo in tutte le sue opere. 
Il Signore è vicino a quanti lo invocano, 
a quanti lo cercano con cuore sincero. 
Appaga il desiderio di quelli che lo temono, 
ascolta il loro grido e li salva. 

Canti la mia bocca la lode del Signore 
e ogni vivente benedica il suo nome santo, 
in eterno e sempre.